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Omeopatia

Che cos'è l'Omeopatia?

Lipsia (Germania), una mattina d'inverno del 1789, nello studio medico del Dr. Christian Samuel Friedrich Hahnemann, dal dolore di un uomo impotente di fronte alle sofferenze dei suoi amici, dalla frustrazione di un medico che non riusciva a guarire i propri pazienti, dalla mente geniale di un uomo speciale germoglierà l'Omeopatia.

Il termine Omeopatia deriva dal greco ὅμοιος (simile) e πάθος (malattia) e nel suo significato etimologico sta l'essenza dei suoi principi metodologici: per curare un individuo ammalato bisogna provocare in lui, attraverso precise e specifiche sostanze, una malattia simile a quella che egli sta vivendo.

Facciamo un passo indietro: siamo su una piccola isola greca, Cos, sono gli anni tra il 450 ed il 400 a.C., Ippocrate, padre della Medicina, insegna ai suoi discepoli a curare gli ammalati scegliendo tra due strade: la prima consiste nel curare i sintomi con il loro contrario (contraria contraribus curentur), la seconda nel curare i sintomi con il loro simile (similia similibus curentur).

Ippocrate infatti, osservando la Natura, aveva notato che molti dei fenomeni (sintomi) della malattia non sono altro che tentativi di guarigione; dunque perché non imitarli? Dunque perché non liberare la vis medicatrix naturae.

Certo, perché non imitarli, perché non assecondare la Natura? Ma il problema è come imitarli.

Esistono delle sostanze che possono imitare una malattia? E se sì, come devono essere adoperate, in che quantità?

Delle due vie ippocratiche verso la guarigione ("contraria contraribus curentur" e "similia similibus curentur"), Hahnemann volle percorrere la più ostica, oscura, difficile, quasi paradossale: "similia similibus curentur", i simili si curino con i simili.

Egli cominciò così a verificare, nei casi di intossicazione, quali effetti potessero avere le stesse sostanze che li avevano provocati.

Hahnemann, convinto che la strada giusta fosse proprio "similia similibus curentur", nella certezza che dovesse esserci una differente chiave di lettura del principio ippocratico, arrivò alla soluzione somministrando non più dosi massicce del tossico patogeno ma, al contrario, quantità sempre più piccole fino ad arrivare a dosi minime.
È quella che l'Omeopatia definisce LEGGE DELLE DOSI INFINITESIMALI (il primo dei tre pilastri su cui si fonda l'Omeopatia). Già Paracelso, a cavallo tra il 1400 e il 1500, aveva intuito qualcosa di simile, al punto che egli arrivò a sentenziare "sola dosis facit venenum", è solo la quantità che determina l'effetto tossico o curativo di una sostanza.

Il principio delle dosi infinitesimali non è ancora Omeopatia; esso spiega come sia possibile curare un'intossicazione, un "avvelenamento", con la stessa sostanza che l'ha provocato purchè utilizzata a dosi minime. Ma non tutte le malattie sono assimilabili ad intossicazioni. E allora?

Germania, anno 1790, Hahnemann sta traducendo dall'inglese la Materia Medica dello scozzese Cullen.

Egli rimane colpito da alcune osservazioni circa gli effetti terapeutici della corteccia di china, una sostanza che all'epoca veniva ampiamente utilizzata per preparare sciroppi ad azione tonica e febbrifughi.

In particolare, Hahnemann è attratto da una confusa descrizione fatta da Cullen dei sintomi presentati dai lavoratori della china: questi manifestavano, come dire, una malattia professionale, causata dall'inalazione delle polveri della corteccia, caratterizzata da febbre intermittente con brividi.

In base ai suoi studi Hahnemann conosceva il modo per curare le intossicazioni (con dosi "omeopatiche" della sostanza intossicante), e poiché i sintomi degli intossicati da corteccia di china erano simili a quelli dei pazienti malarici (febbri quartane), intuisce la possibilità di applicare la sua "terapia anti-intossicazioni" ai sintomi dei malarici, per gestirne la malattia.

La prova diede buon esito: era nata l'Omeopatia.

La ricostruzione storica che abbiamo appena fatto ci introduce alla vera legge fondamentale dell'Omeopatia, la LEGGE DI SIMILITUDINE (il secondo dei tre pilastri su cui si fonda l'Omeopatia): per curare un individuo affetto da una certa malattia bisogna somministrargli la sostanza tossica, il "veleno" che, usato in dosi ponderali nell'uomo sano, è in grado di provocare su questo gli stessi sintomi della malattia in esame (sperimentazione patogenetica).

Dalle prime osservazioni, dai primi tentativi di curare in ragione del similia similibus curentur, nacque il primo germe di Medicina scientifica.

Si può affermare che Hahnemann sia stato il primo sperimentatore moderno della storia della Medicina. 

La Farmacologia omeopatica attinge a piene mani dalla Natura per la preparazione dei propri medicinali: le sostanze utilizzate provengono, infatti, dal regno vegetale, dal regno minerale, dal regno animale.

La sostanza di partenza (detta "ceppo omeopatico") viene trattata secondo regole ben precise (codificate dalla cosiddetta Farmacopea Omeopatica) al fine di ottenere la Tintura Madre (TM), una sorta di "sciroppo" contenete la massima concentrazione di principi attivi. Sarà la Tintura Madre a subire il vero e proprio processo di preparazione del rimedio omeopatico e cioè la DILUIZIONE e la DINAMIZZAZIONE.

Quanta strada da quella mattina d'inverno del 1789 a Lipsia. 

Oggi possiamo dire che nella storia del pensiero medico occidentale Hahnemann sia stato il primo che, nella storia della Medicina, abbia applicato all'uomo sano il principio galileiano di osservare attentamente ciascun fenomeno naturale, risalire, attraverso l'osservazione di più fenomeni, alla ricerca della legge naturale che li governa, ed infine riprodurre il fenomeno seguendo le leggi che lo hanno prodotto. Egli è stato il primo medico a considerare l'ammalato nella sua GLOBALITÀ di mente, corpo e ambiente (il terzo dei tre pilastri su cui si fonda l'Omeopatia); è stato il primo a porre l'attenzione sui sintomi etiologici.

Egli fu il primo ad "inventare" la visita clinica, a comprendere l'importanza dell'anamnesi ed a concepire il suo innovativo metodo diagnostico: i sintomi riferiti dal paziente, e indagati minuziosamente dal medico, sono le "parole" con cui "si racconta" la malattia.

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